di Luca Baldazzi – Tra il 17 e il 22 novembre si terrà a Ginevra l’undicesima Conferenza delle parti per il controllo del tabacco (Cop 11) che approfondirà gli strumenti e le politiche per ridurne il consumo a livello globale e si esprimerà sul potenziale delle alternative “a rischio ridotto”, nell’equilibrio tra prevenzione e riduzione del danno. Ai nastri di partenza, l’Oms manifesta su questo ultimo aspetto una posizione alquanto scettica che si riflette in uno schieramento globale assai variegato tra paesi che attuano politiche di forte apertura verso i nuovi strumenti che superano la combustione (sigaretta elettronica, riscaldatori di tabacco, snus), e altri che al contrario ne vietano addirittura la distribuzione ed il consumo.
In Europa si assiste complessivamente a politiche di moderata apertura che producono regolamentazioni più o meno rigorose. Sul fronte della pubblicità i nuovi strumenti vengono sostanzialmente equiparati al tabacco tradizionale (combusto), e quindi advertising e sponsorizzazioni sono vietate, così come ne è inibito l’accesso ai minori. Per ciò che riguarda la leva fiscale, i nuovi strumenti godono di minori accise rispetto alla sigaretta tradizionale, perché considerati “a rischio ridotto”. E proprio quello della tassazione risulta essere lo strumento fondamentale (se non unico) agito dagli stati con dichiarate (ma ambigue) finalità, per un verso legate alla salute pubblica, per l’altro agli introiti fiscali.
La fiscalità, dunque, risulta storicamente centrale, tanto che nel prezzo medio del pacchetto nei maggiori paesi europei accise e iva incidono per quote superiori al 70%. E centrale è quindi la proposta di revisione della tassazione elaborata in sede Ue e presentata lo scorso 16 luglio, che si interseca proprio con l’appuntamento dell’imminente Cop 11. La proposta fa riferimento all’esigenza di armonizzare le politiche fiscali degli stati membri, aumentando comunque le accise, stabilendone un importo minimo, uniformando ai livelli del tabacco combusto quelle dei nuovi strumenti, ed infine attuando un maggiore controllo sul tabacco greggio per evitare lo sviluppo di circuitazioni illegali. Risultato? Forte contrarietà espressa da alcuni paesi come l’Italia che presenta un mercato particolarmente ben regolamentato, con accise moderate rispetto ad altri, con un’incidenza di prodotti di contrabbando ai minimi storici (1,8%, mentre in paesi come la Francia ad accise assai elevate corrisponde un volume un contrabbando del 40%), e con una forte sviluppo dei volumi di consumo dei nuovi strumenti “a rischio ridotto” che oramai hanno conquistato più del 20% del complessivo mercato. (Sul tema dei limiti e delle contraddizioni insite in un uso smodato della leva fiscale, si veda il nostro recente articolo). Ma l’Italia, insieme a Grecia, Romania, Svezia, Ungheria, Lussemburgo, è ad oggi è in minoranza.
L’appuntamento di novembre è strategico, quindi, perché l’Ue sulla nuova direttiva decide a maggioranza, e tutti i paesi saranno forzati ad attenervisi. Il “ciclone direttiva” rischia, così, di stravolgere un assetto di mercato, quello italiano, tra i più regolamentati ed equilibrati, che sta procedendo a buona velocità verso il passaggio di un numero sempre maggiore di consumatori dal tabacco combusto ai nuovi strumenti a rischio ridotto. Il Governo, con il Ministero Economia e Finanze, “difende” le peculiarità degli assetti italiani, principalmente per garantire la continuità del gettito fiscale e la peculiarità del basso tasso di contrabbando, ma anche per una reale apertura alla riduzione del danno. Su questo ultimo aspetto va però segnalato che il Ministero della Salute “non aiuta”, non cogliendo i dati già esistenti e la prospettiva di ulteriore riduzione del consumo di tabacco tradizionale legata alla crescita dei nuovi strumenti (vaping e riscaldatori di tabacco). Staremo a vedere, ma una cosa è certa: si tratta di un passaggio complesso che potrà determinare, in bene e in male, l’evoluzione del mercato e, quindi, l’efficacia o meno delle politiche pubbliche nella lotta al tabagismo.

